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dell’Ex Collegio Aeronautico
della Gioventù Italiana del Littorio
Bruno Mussolini di Forlì
Realizzati su disegno dell’artista Angelo Canevari tra il 1938 e il 1941, i mosaici costituiscono un ciclo decorativo dedicato al tema del volo che ripercorre l’epopea aviatoria italiana dalle sue presunte origini mitiche fino all’“età dell’oro”, identificata dalla propaganda di regime con l’avvento al potere del fascismo. L’edificio in cui sorgeva il Collegio Aeronautico di Forlì ospita oggi la Scuola secondaria di primo grado “Marco Palmezzano”. Il ciclo musivo di Angelo Canevari si trova al piano terra della struttura scolastica.
ICARO E FETONTE
Varcato quello che una volta costituiva l’ingresso principale destinato agli allievi, subito alla nostra destra troviamo il primo pannello del ciclo musivo di Angelo Canevari, che rievoca le gesta eroiche di Icaro e Fetonte. Il mito è uno degli espedienti simbolici cui ricorre di frequente la “religione fascista”, ossia quella che Emilio Gentile ha definito una religione politica «con lo scopo di trasformare la mentalità, il carattere e il costume degli italiani per generare un uomo nuovo, credente e praticante nel culto del fascismo».
La fortuna di queste due storie mitiche nella letteratura europea affonda le radici nella narrazione che ne fa Ovidio nelle sue celebri “Metamorfosi”. Ma se il poeta romano ammoniva gli uomini a non seguire l’esempio di chi, avido e ambizioso, aspirava a superbe altezze da cui era inevitabile poi precipitare, il fascismo sfrutterà in maniera diametralmente opposta il significato di questi miti classici. Già nel 1909, Gabriele D’Annunzio ricollegava la figura di Icaro al mito eroico del volo pionieristico. In D’Annunzio la scelta di Icaro di trasgredire al monito del padre Dedalo si trasfigurava in una scelta eroica.
Sempre nel 1909, anche Benito Mussolini dalle colonne de “Il Popolo” esprimeva tutta la sua ammirazione per i pionieri dell’aviazione, descritti come «coloro che vogliono correre il grande pericolo e togliersi, con un atto eroico, dalla mediocrità che li soffoca». Agli allievi che frequenteranno il Collegio Aeronautico il fascismo offre dunque la possibilità di diventare eroi moderni, reincarnazione del mito antico del giovane audace, intrepido e ambizioso. Moderni Icaro e Fetonte. Come loro, fatalmente attratti dal sole, dall’alto e destinati a morire?
LA CONQUISTA DEL CIELO
La teoria di pannelli che costituisce l’insieme delle conquiste del volo attribuibili al “genio italico” è uno dei pezzi di raccordo più importanti per la costruzione della lunga teoria fascista che vuole gli italiani descritti come “popolo di aviatori”. Il fascino dell’aria e della sua conquista viene raccontata come una sorta di lunga impresa in gran parte italiana, a partire ovviamente dai famosissimi prototipi leonardeschi di elicottero, ala mobile e paracadute. Le immagini, tratte direttamente dagli studi di Leonardo da Vinci sul volo, costituiscono l’ideale punto d’inizio della tecnologia del volo dopo la fase “mitica” raccontata da Icaro e Fetonte. Le macchine leonardesche, anche se non funzionanti, devono servire da punto di partenza per la grande epopea del volo umano attraverso la tecnica.
Per costruire una solida teoria che veda gli italiani protagonisti non si esita a forzare la rappresentazione della storia del volo inserendo improbabili suggestioni come la nave volante di Francesco Lana de Terzi accanto a primati discutibili, come quello di Vincenzo Lunardi che fece volare il proprio pallone aerostatico un anno dopo che lo avevano fatto i ben più famosi fratelli Montgolfier, volutamente “dimenticati” nella storia per immagini del volo. I molti, fallimentari a dire il vero, tentativi di sfida all’aria portati avanti da italiani vengono equiparati alle conquiste del volo mondiale: così lo sperimentale (e non funzionante) “elicottero a vapore” di Enrico Forlanini del 1877 ricopre la stessa estensione musiva dell’aereo dei fratelli Wright che compì il primo volo della storia umana nel 1903.
Questi accostamenti, che suggeriscono, da un lato le origini tutte italiane dell’arte del volo, e dall’altro cercano in qualche modo di diluire l’importanza dei primordi dell’aeronautica mondiali, sono funzionali al forte messaggio che il fascismo vuole dare ai piloti che sarebbero usciti dal Collegio Aeronautico “Bruno Mussolini”: il volo è “arte italica”, cioè “arte fascista”.
CANTORI DEL VOLO
Il fascismo è un regime della Parola, nel senso che attraverso la costruzione di slogan semplici ed efficaci costruisce buona parte della sua forza di attrazione e di diffusione del consenso. Per questo motivo anche all’interno di una rappresentazione basata sull’immagine vengono inserite, come didascalie o come vere e proprie componenti del racconto visivo, le più famose ed efficaci frasi riguardanti le glorie aeree italiane.
Ovviamente non può mancare Gabriele d’Annunzio, poeta e pilota d’aereo nella Prima guerra mondiale, uno dei maggiori cantori del volo e delle sue potenzialità. Vicino al fascismo fin dalle sue origini, tanto da far pensare a un suo possibile ruolo dirigente nel movimento mussoliniano che lo fa entrare in conflitto con lo stesso duce, il poeta pescarese scrisse molti motti efficaci che segnarono i primi sviluppi del racconto dell’aria.
Accanto al vate lo stesso Mussolini, di cui viene citato un articolo del 1909 in cui si esalta la vittoria nei confronti dell’elemento aria (poco dopo, il 25 luglio 1909, Louis Blériot avrebbe compiuto in volo la prima traversata della Manica). Il mito di Icaro è citato esplicitamente come il sogno dell’uomo e rappresenta la spiegazione ideale di tutta la teoria musiva esposta nel Collegio Aeronautico.
L'ITALIA PREFASCISTA
All’interno del racconto per immagini delle glorie aeree italiane trovano posto anche le “imprese” dell’Italia prefascista. L’Italia è una delle prime nazioni che cerca di utilizzare la neonata scienza aeronautica per scopi militari. La guerra italo-ottomana del 1911-12 è il primo conflitto in cui, ad opera proprio degli italiani, gli aerei vengono impegnati in missioni di bombardamento, sia sui soldati che sui civili inermi. La Grande Guerra vede uno sviluppo delle tecniche di combattimento e anche l’Italia diventa protagonista della cosiddetta “guerra aerea”. Il fascismo non disdegna di far entrare queste presunte glorie militari dell’Italia liberale all’interno di un racconto che senza soluzione di continuità porterà a dimostrare come tutte le glorie italiche siano in realtà glorie del fascismo: anche quelle che vengono prima dell’avvento del regime, in quanto glorie che “in spirito” rappresentano la forza e la volontà di potenza che la dittatura vuole rappresentare.
Questo passaggio, in realtà anacronistico, proprio per la sua difficoltà interpretativa verrà spiegato attraverso il discorso di Mussolini del 1923 in cui il duce crea l’aeronautica come forza armata indipendente. Nel mosaico successivo vengono riportate proprio per questo le parole attraverso cui si giustifica questa appropriazione: gli italiani erano fascisticamente eroici già prima del fascismo “nonostante” il regime liberale; Mussolini non fa altro che assecondare le attitudini del popolo liberandolo dalle mollezze e dalle pastoie burocratiche dell’era precedente. Veloce e sicura, la parola del duce riannoda la storia del volo italiano a quella del fascismo, dando il via a una nuova forma di culto italico: l’aria sarà il luogo in cui l’Italia fascista dispiegherà tutte le sue potenzialità, finalmente libera di costruire il proprio futuro senza gli ostacoli e le lentezze della democrazia.
LA LEGGENDA DELLE ALI INFRANTE
Cominciamo a leggere questo lungo pannello a partire da destra, guardando al leone, simbolo di forza, associato a un’ala, simbolo tradizionale dell’aviazione, e alla scritta che li accompagna: «23 marzo 1923 A.I. Questa ala che ha ripreso il suo volo non sarà più infranta». La leggenda fascista vuole che la nascita della Regia Aeronautica resa possibile dal Governo Mussolini nel marzo 1923 segni il riscatto degli ambienti aviatori e il rilancio prodigioso dell'aviazione militare.
La scritta costituisce una citazione del discorso pronunciato a Roma il 6 novembre del 1923, in cui il duce evoca la leggenda delle “ali infrante”, uno dei pilastri su cui poggia la propaganda del regime fascista destinata a intercettare il consenso degli aviatori e in particolare dei giovani. «Bisogna vedere che cosa era l'aviazione un anno fa, tre anni fa, nei tempi bastardi del 1919 e del 1920 e che cosa è oggi l’aviazione. Voi conoscete certamente la lacrimevole istoria della smobilitazione, quando sembrava che una follia bieca avesse preso i nostri governanti…».
Mussolini allude al ridimensionamento in termini di apparecchi, componenti e uomini dell’aviazione militare operato dalle autorità italiane negli anni 1919-20 nel contesto della smobilitazione che seguì la fine della Grande guerra. Un ridimensionamento reso necessario dai tempi di pace oltre che dall’obsolescenza di un buon numero di materiali che giacevano nei depositi, ma ben lontano comunque dalla tesi dell’annientamento propagandata dal regime.
RAID, PRIMATI, CROCIERE
Tra le due guerre mondiali l’aviazione italiana e internazionale godono di uno straordinario successo d’immagine. Il fascismo al potere intuisce ben presto il potenziale di fascino e seduzione che imprese come il grande raid Roma Tokio del 1920 erano in grado di suscitare nel pubblico italiano. E se da un lato l’aviazione sfrutterà il regime per rendersi autonoma e indipendente, come forza armata, rispetto all’Esercito e alla Marina, dall’altro si lascerà ampiamente sfruttare dal fascismo, che intorno all’oggetto simbolo dell’aeroplano e alla figura dell’eroe aviatore costruirà un tassello importante della propria politica di creazione del consenso.
Raid, primati, crociere individuali e di massa imperverseranno sulla stampa, nei cinegiornali, sui manifesti, contribuendo a esaltare la modernità del regime e ad avvicinare molti giovani alla carriera aeronautica. Fascista della prima ora, aviatore e interprete carismatico della “propaganda alata” del regime, Italo Balbo è a capo dell’Aeronautica dal 1926 al 1933. Con lui si avrà un importante cambio di strategia nella comunicazione delle imprese aviatorie italiane, che verrà allineata alla pedagogia politica di massa perseguita dal regime in quegli anni.
Dalle imprese aviatorie di eroi solitari – Ferrarin, Maddalena, De Pinedo, De Bernardi – si passerà con Balbo alla celebrazione delle grandi manovre collettive, le cosiddette “crociere aeree di massa”. Le decine di aeroplani che si muovevano in formazione e che affrontavano lunghi itinerari rappresentavano la metafora perfetta per educare l’italiano nuovo al militarismo e alla disciplina di corpo. È soprattutto grazie a queste crociere che Balbo comincia ad acquisire una grande popolarità, non solo in Italia ma a livello internazionale. Anche per questo motivo, Mussolini lo solleverà dal suo prestigioso incarico di Ministro dell’Aeronautica nel novembre del 1933.
In seguito, ci sarà spazio per altri due “record solitari” – quelli di Donati e Stoppani, entrambi del 1934 – prima che la propaganda aeronautica passi a osannare i maschi aviatori di casa Mussolini (Benito in testa, seguito dai figli Vittorio e Bruno e dal genero Galeazzo Ciano) e, con la guerra in Etiopia del 1935-36, a concentrarsi sui “successi” dell'aviazione in ambito militare. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, l’ultimo primato cui la propaganda di regime darà risonanza sarà quello d'altezza stabilito da Pezzi nel 1939.
NEI CIELI DI SPAGNA
La Guerra Civile in Spagna, che scoppia nel 1936 in seguito al colpo di stato fascista contro la seconda Repubblica Spagnola (1931-1936), rappresenta per il regime mussoliniano un’importante occasione per mettere alla prova le proprie velleità di potenza. In questo contesto l’aviazione fascista viene impiegata in misura massiccia, facendo dei cieli iberici una sorta di laboratorio in cui gli italiani mettono a punto le principali forme di impiego del mezzo aereo in chiave bellica. La Spagna è il teatro in cui si sperimentano su larga scala i bombardamenti terroristici sui civili e la distruzione mirata di intere città. Il bombardamento di Guernica (26 aprile 1937), a cui presero parte forze aeree sia tedesche che italiane, rimarrà nella storia come un crimine di guerra eternato dal capolavoro di Pablo Picasso e costituirà una sinistra anteprima della distruzione che l’aviazione porterà in tutta Europa durante la Seconda guerra mondiale.
È in questo macabro contesto che nasce e si sviluppa il mito dei “sorci verdi”. Quando, in procinto per partire per la Spagna, la 205a squadriglia dell’aeronautica italiana viene equipaggiata di un nuovo modello di bombardiere, il Savoia Marchetti S.M. 79, i piloti decidono di adottare un simbolo che li contraddistingua: un’altra squadriglia aveva scelto come simbolo il gatto, così, per entrare in ideale competizione coi colleghi, viene proposto il topo; dato che i nuovi aerei sono dotati di tre motori i topi diventano tre, dipinti del caratteristico verde militare. Così nasce la squadriglia dei “sorci verdi”, che si distingue nelle pratiche della guerra terroristica che vede come obiettivi delle azioni di bombardamento le retrovie, i centri abitati e le infrastrutture vitali per la vita civile.
Nella propaganda fascista queste azioni sono motivo di vanto: il regime esalta le gesta dei “sorci verdi” e l’espressione “vi faremo vedere i sorci verdi” entra nell’immaginario linguistico italiano col significato di far subire a qualcuno pesanti conseguenze per il proprio comportamento. Molte delle azioni di guerra aerea di cui si rendono protagonisti i “sorci verdi” e le altre squadriglie del corpo aereo che opera in Spagna dal 1937 al 1939, la cosiddetta “Ala legionaria”, sono da considerarsi, già secondo il diritto di guerra dell’epoca, come veri e propri crimini perpetrati contro popolazioni inermi.
VINCERE?
Ardisco, non ordisco
Il pannello si compone di due elementi. In alto troviamo la riproduzione musiva di una xilografia realizzata dall’artista Adolfo De Carolis su richiesta di Gabriele D’Annunzio, che raffigura la scritta «ardisco non ordisco» e una ragnatela squarciata da un pugnale. Il pugnale è quello degli Arditi, che in gran numero si erano uniti a D’Annunzio nell’occupazione di Fiume del 1919-20. Nel motto dannunziano, la grandezza e la dignità della patria si riscattano con l’azione violenta (“ardisco”) e non attraverso l’uso paziente della politica e della diplomazia (“non ordisco”).
10 Giugno 1940
Nella parte bassa, un estratto delle parole pronunciate da Benito Mussolini il 10 giugno 1940 dal balcone di Palazzo Venezia a Roma. “Diciotto” in numeri romani sono gli anni trascorsi dalla presa del potere del fascismo (1922). “Per la terza volta” (dopo la guerra in Etiopia e in Spagna) Mussolini ha deciso lui da solo per tutti di aggredire due nazioni libere e di trascinare l’Italia “proletaria e fascista” in una guerra sconsiderata. Si stima che tra il giugno 1940 e l’8 settembre 1943 moriranno in guerra circa 225.000 italiani tra militari e civili.
Mediterraneo “spazio vitale”
Racchiusa tra un velivolo d’assalto e un bombardiere veloce, troviamo la scritta «Se per gli altri il Mediterraneo è una strada per noi italiani è la vita», citazione di un discorso pronunciato da Benito Mussolini a Milano il 1° novembre 1936. Anche l’Italia fascista rivendica quindi un suo “spazio vitale”, il Mediterraneo, e si sta armando per combattere chiunque voglia minacciare gli interessi del regime sul “mare di Roma”. Tra gli obiettivi imperialistici del duce rientrerà, qualche anno più tardi, anche l’espansione nei Balcani, a cominciare dall’occupazione dell’Albania (1939).
La guerra contro la Grecia
Dopo l’Albania, occupata a partire dall’aprile del 1939, fu la volta della Grecia. Ignorando le informazioni disponibili sulla capacità militare dei greci, il 12 ottobre del 1940 Mussolini decise l’invasione e prima della fine del mese ebbe inizio l’aggressione. Fu la più grande – per numero di uomini e mezzi mobilitati – ma anche la più rovinosa delle guerre fasciste del periodo ‘40-‘43. La risposta dei greci non si fece attendere e la compattezza della loro resistenza fu tale che ancora oggi il giorno in cui ebbe inizio l’offensiva delle truppe italiane, il 28 ottobre, è in Grecia festa nazionale: il cosiddetto “Giorno del No”.
Quella contro la Grecia fu una guerra ben poco sentita dagli italiani, tanto che come osserva Giorgio Rochat «per testimonianza generale, nessuno osava parlare ai soldati di patria e fascismo». Dopo mesi di logoramento, attraverso il gelido inverno del 1940 sulle montagne albanesi, il destino delle truppe italiane e l’esito della guerra vennero decisi dall’intervento della Germania di Hitler. Il 6 aprile del 1941, le forze armate tedesche invasero la Jugoslavia e la Grecia, causando la ritirata degli inglesi che vi erano sbarcati un mese prima e venendo così in soccorso degli italiani, che rimarranno da occupanti sul suolo greco fino all’8 settembre del 1943.
L’ossessione statistica per le ore di volo, le tonnellate di bombe, i colpi sparati, i velivoli abbattuti o danneggiati enfatizzata dal duce nella sua relazione del 10 Giugno 1941 restituisce un’immagine falsata della reale condizione dell’Aeronautica, costretta a un esasperante ruolo di supporto alle truppe di terra. Come testimonia il generale Santoro: «Tutta la Campagna di Grecia potrebbe […] sintetizzarsi nel continuo, pressante appello: “Aviazione, aiuto!”. Aiuto contro le fanterie, le artiglierie, le mitragliatrici, gli autocarri, i muli del nemico; contro la propria mancanza di armi, di viveri, di rifornimenti, di collegamenti; aiuto contro il bombardamento nemico, la caccia, l’assalto, la ricognizione, i trasporti, gli aerorifornimenti».
10 Giugno 1941
È questo l’ultimo pannello del ciclo narrativo sul tema del volo, realizzato nell’estate del 1941 dalla ditta Luigi Rimassa di Roma su disegni dell’artista viterbese Angelo Canevari. Vi troviamo l’ennesima citazione di un discorso pronunciato da Benito Mussolini di fronte alla Camera dei fasci e delle corporazioni nell’annuale dell’entrata in guerra. Nelle parole del duce è stato «un anno carico di eventi e di vertiginosi sviluppi storici, un anno durante il quale i soldati d’Italia della terra, del mare, del cielo si sono battuti eroicamente contro l’impero inglese sui multipli fronti, montagnosi o desertici; di Europa e di Africa».
Segue una descrizione accorata delle più recenti fasi della guerra condotta dagli italiani sui fronti dell’Albania e dell’Africa. I toni entusiastici di Mussolini nascondono una realtà fatta di numerose e cocenti sconfitte. Decisivi furono il fallimento dell’aggressione alla Grecia e il disastro in Africa settentrionale. Quella che solo un anno prima veniva dipinta come una guerra parallela combattuta a fianco della «grande Germania alleata», era già al capolinea, diventata a tutti gli effetti una “guerra subalterna”, in cui le sorti del regime fascista e dei suoi uomini al fronte dipendevano ormai dall’appoggio tedesco.
BRUNO MUSSOLINI
Inaugurato il 6 ottobre 1941 alla presenza di Benito Mussolini, il Collegio Aeronautico di Forlì viene intitolato all’“indimenticabile aquilotto d’Italia, asso di guerra e trasvolatore di mari, di continenti, di oceani, caduto dal cielo di Pisa nel cuore della scorsa estate”: si tratta di Bruno Mussolini, il figlio-aviatore del duce, morto all’apice della sua popolarità durante un volo di prova durante l’estate del 1941. Il ciclo musivo di Angelo Canevari si chiude così come era iniziato, all’insegna delle retoriche del sacrificio, della prodezza, della modernità che sono alla base della “propaganda alata” promossa dal fascismo. Accanto alla dedica a Bruno Mussolini, il motto “credere, obbedire, combattere” ricorda quotidianamente ai giovani allievi del Collegio Aeronautico il più totalizzante e totalitario dei comandamenti del duce.
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Nell’ambito di
ATRIUM Go! – School Tours of Architecture and Power in the Twentieth Century
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Testi di Francesco Filippi e Cristina Lentini
Fotografie di Matteo Barduzzi